L’uomo e la donna che vogliono vivere il loro battesimo devono andare verso le periferie, verso le periferie geografiche, le periferie culturali, le periferie esistenziali, devono andare con questa proposta evangelica... vivere in questa tensione, una tensione tra l'interiorità dell’incontro con Gesù che vi spinge verso fuori e pone tutto in questione, tra un andare e un tornare continuo.





MAGISTERO


Il Papa non è Al Gore, e “creato” non è il sinonimo pio di “ambiente”






Nella gara a chi arruola prima il Papa tra le sue file, si sono aggiunti da ieri anche gli ambientalisti. Nella messa di inizio del suo pontificato, Francesco ha parlato più volte del dovere dell’uomo di “custodire il creato”. E’ bastato questo per far gridare molti alla rivoluzione verde della chiesa, interpretando a piacere le parole di Bergoglio. Così la frase “custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato” è diventata su alcuni giornali un generico “appello a salvare l’ambiente”. Ma come spiega al Foglio Riccardo Cascioli, direttore del quotidiano cattolico online La nuova bussola quotidiana e giornalista esperto di temi ambientali, “creato e ambiente sono due concetti diversi: l’ambiente infatti è qualcosa che sta al di fuori dell’uomo. Esso ha un suo equilibrio che l’uomo può soltanto rompere, per cui meno ci si muove meglio è. Del creato invece l’uomo non solo fa parte, ma ne è il vertice”. 
Tra gli esegeti digiuni di dottrina cattolica che si sono sentiti in dovere di fare proprie le parole del Papa c’è Jeremy Rifkin, saggista ed economista americano molto attento alla lotta ai cambiamenti climatici. Intervistato ieri su Repubblica, oltre a esercitarsi nello sport preferito da molti commentatori in questi giorni – contrapporre il pensiero di Bergoglio a quello di Ratzinger – Rifkin spiega che secondo “l’interpretazione francescana di custodia del creato le forze della natura sono considerate in modo empatico” e aggiunge sicuro che “se Francesco d’Assisi fosse vivo, oggi sarebbe il leader naturale della battaglia per la difesa del clima”. Una sorta di Al Gore con il saio. Rifkin forse non sa però che Francesco ha usato parole simili a quelle di Benedetto XVI – il quale più volte ha parlato di creato da custodire – e concetti non dissimili da quella “ecologia umana” di cui parlava Giovanni Paolo II. Ancora Cascioli: “Quella della chiesa è una visione antropocentrica, a differenza di quella dell’ambientalismo che va tanto di moda: Dio ha consegnato all’uomo il creato, e l’uomo ne risponderà davanti a Lui”. Il “Cantico delle creature” di san Francesco non è un manifesto di Greenpeace, “ma una lode a Dio per le cose che ha dato all’uomo”, spiega ancora Cascioli. Non si può parlare di “creato” e di “ambiente” indifferentemente, come se il primo fosse la traduzione cristiana del secondo. 
Nella catechesi di Benedetto XVI era chiaro che il punto è proprio riconoscere il creatore, le cose (ambiente compreso) come date da un Altro, tanto che qualche anno fa si trovò a dire che la minaccia peggiore per la natura è l’ateismo, il quale porta allo sfruttamento tanto quanto alla divinizzazione dell’ambiente. Francesco non ha aggiunto nulla di nuovo, legando la custodia del creato a Cristo: “Custodire il creato – ha detto lunedì – è aprire l’orizzonte della speranza […] E per il credente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è stato aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio”. Rifkin si augura che dopo queste parole un miliardo e duecentomila cattolici cominceranno a lottare contro i cambiamenti climatici. “Se non confessiamo Cristo – ha detto Francesco nella sua prima omelia ai cardinali – diventeremo una pietosa Ong”. Manca ancora un po’ prima che la chiesa cattolica si riduca a semplice movimento ambientalista, dunque.



Nessun commento:

Posta un commento